Chiara Caponnetto

 

La naturalità del parto 

La naturalità del parto è il racconto di un percorso di nascita. Nell’arco di un anno da Maggio 2015 a Maggio 2016 ho seguito 20 coppie nella sala parto dell’ospedale Civico di Palermo. È stata una sfida quella di superare la diffidenza delle coppie siciliane e degli operatori ospedalieri, dato che il parto è considerato un momento tanto intimo e ancora oggi un tabù. Entrare in sala parto con una macchina fotografica durante il parto naturale non è stato così semplice e scontato. Le fotografie mostrano tante donne diverse ma l’insieme rappresenta un’unica donna nell’atto del procreare. In quel momento si possono raccogliere tutte le emozioni che l’essere umano può provare: la paura, il dolore, la gioia, l’amore. 

La naturalità del parto è un progetto ancora aperto. Sto continuando a muovermi negli ospedali siciliani per fare accettare la figura del fotografo in sala parto. Vorrei poter raccontare la nascita in ogni parte del mondo, poter accedere in altri ospedali, affrontare il parto in altre culture, perché è uno di quei momenti in cui noi uomini siamo veramente uguali, siamo solidali e attraverso questo progetto mi piacerebbe diffondere un messaggio di uguaglianza e di speranza.


 

 La nature del Naissance

“La naturalità del Parto» est un récit, celui de la Naissance.

Pendant un an — de mai 2015 à mai 2016 — j’ai partagé et photographié la naissance des enfants d’une vingtaine de couples. D’abord il m’a fallu obtenir la confiance de ces couples de siciliens et du personnel soignant, pour qu’ils accepten ma présence pendant un moment considéré parmi les plus intime, presque un tabou. Ma présence en salle d’accouchement était donc loin d’être quelque chose d’évident et d’acceptable. Les photos de ces femmes que j’ai accompagnées sont en fait celles d’une seule, la femme qui donne la vie. Et les émotions photographiées sont celles de l’espèce humaine : la peur, la douleur, la joie, l’amour. 

«La naturalità del parto » est un projet encore en cours. Je continue de fréquenter régulièrement les hôpitaux siciliens et de faire accepter la présence d’un photographe en salle d’accouchement. 

J’aimerais pouvoir raconter l’acte de Naissance et ses rituels à travers le Monde, j’aimerais fréquenter les hôpitaux d’ailleurs, car c’est bien l’un des rares moments pendant lequel les hommes sont tous égaux et solidaires. J’aimerais donc véhiculer un message d’espoir et d’équité  par mon travail.

 

Amo la birth photography.

E’ un momento di assoluta sincerità verso l’obiettivo della macchina fotografica: non ci sono spazi per pose, forzature, artifici di qualsiasi tipo. Il trucco sul viso della mamma prima è la smorfia di dolore per le contrazioni che si fanno sempre più forti, poi è la gioia per il primo contatto con il proprio bambino.

Ed è un momento unico, non replicabile, irripetibile. Un momento che anche le mie immagini, da sole, riescono a narrare con difficoltà; c’è la tensione emotiva, gli spasmi dell’attesa, la concitazione del primo pianto, la frenesia dei primi minuti di vita che ho provato a raccontare attraverso i miei occhi con l’aiuto della mia macchina fotografica.

Ed è un momento che, per quanto importante ed unico, rischia di sbiadire tra le pieghe della memoria, lasciando al fotografo la missione, quasi vitale, di riuscire a fissarlo nelle immagini con la migliore accuratezza possibile, nonostante la stanchezza per le ore di attesa ed il fermento che accompagna gli ultimi minuti del parto.

Ma questo ho capito: la birth photography non è semplice fotografia. E’ arte, dedizione: anzitutto e soprattutto. E’ realizzare un documento indistruttibile sulle emozioni più intense di una famiglia, catturandole con stile e sensibilità soggettive, ma partecipando emotivamente ad un momento magico.

Ed è complesso per me, fotografa, estranea all’intimità familiare, partecipare al momento di sublimazione e compimento della vita di coppia; anzi è proprio un paradosso. Ho cercato di farlo in punta di piedi, schiacciata sul muro della sala parto quasi a confondermi tra gli arredi, per rendere la mia presenza del minore disagio possibile.

 

Ho atteso delle ore la nascita dei “miei” bambini. Si, perché li considero tutti anche un po’ miei. Ho sofferto con le donne impegnate in quello che per me, con due cesarei alle spalle, è uno sforzo sovrumano. Ho dato pacche di incoraggiamento ai papà, stanchi anch’essi dopo ore di attesa in sala parto e senza quel diritto a lamentarsi che è pertinenza unica della partoriente, ma spesso molto preoccupati per il dolore della compagna.

Ho imparato il linguaggio delle ostetriche, ho codificato anche i loro sguardi: i piccoli cenni impercettibili fra loro quando qualcosa non va, senza fare intuire alla mamma quel che sta accadendo, per non turbarla.

“Il bambino come sta?” è la domanda che sovente spezza il silenzio. Il benessere del bambino è il focus. Coppia, ostetrici, medici, pediatri sono rivolti alla vita che nasce. C’è un momento in cui la sala parto si riempie di figure professionali. È il momento che ho amato di più, perché tutti, con diverse mansioni si prodigano per la vita. La procreazione è davvero un miracolo e io nel mio angolo, intenta a trovare un varco per il mio obiettivo, ho sentito di farne parte.

Ho raccolto un’esperienza unica tanto nella mia vita professionale, che in quella privata, e ringrazio le coppie che mi hanno reso partecipe dell’intimità del loro momento più bello, senza preclusioni e con grande affetto. Ringrazio il personale ospedaliero per avermi accolta come fossi parte del team e la struttura Ospedaliera e per l’apertura con cui è stato accolto il progetto.

Del resto, questo progetto è stato un esperimento. Da due anni mi sono appassionata a questo genere di immagini e volevo sperimentare come da noi, in Sicilia, potesse venire accolto il fotografo in sala parto. Pensavo potesse essere risultare di disturbo questa figura ‘estranea’ alle dinamiche della nascita; credevo che sarebbe stato tanto difficile accettarlo, quasi potesse essere di intralcio in quel luogo; immaginavo anche che sarebbe stato arduo trovare coppie intenzionate a farsi fotografare. Invece, con mio grosso stupore, dopo un primo momento di diffidenza, sono stata non solo accettata ma anche incoraggiata: sintomo che siamo pronti a raccontarci anche in questo contesto.

 

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